Come funziona e a cosa serve la logopedia nei bambini 0-15 anni?

Ecco le risposte ai quesiti più frequenti dei genitori…
Nonostante di logopedia si parli ormai molto, capita ancora spesso che i genitori non sappiano realmente cosa succeda poi in pratica durante il colloquio di valutazione o durante la seduta di trattamento.
“Cosa farà fare a mio figlio?”
È una delle cose che mamma e papà più frequentemente hanno bisogno di capire, per affidare ad un professionista, in serenità, il loro piccolo e per comprendere il valore di ciò che si andrà a fare.
Ecco la mia risposta a quelli che, nel tempo, si sono rivelati i dubbi più spesso sollevati dalle famiglie che si trovano ad intraprendere un percorso di logopedia.
1 – Devo spiegare a mio figlio perché lo porto dalla logopedista?
Quando si rende necessario effettuare una valutazione logopedica, molti genitori sono in dubbio se spiegare o no ai bambini da chi e perché li porteranno. La preoccupazione dei genitori è che i bambini si sentano diversi, malati, possa opporsi, che vada in ansia, che non voglia farlo, ecc..
In realtà queste sono le paure degli adulti, non dei bambini: ai bambini è fondamentale dire la verità, devono essere resi partecipi delle decisioni prese per loro.
Condividere con il bambino ciò che si andrà a fare non significa far decidere a lui se farla o meno (sono sempre mamma e papà a decidere), vuol dire prepararlo serenamente all’incontro che sta per iniziare.
RICORDATEVI che i bambini, anche se piccoli, sono consapevoli delle proprie fatiche e difficoltà anche se non sanno ancora esprimerle a parole.
Spiegargli che mamma e papà si sono accorti di queste difficoltà e che hanno trovato il modo di aiutarli, contrariamente a ciò che si pensa, tranquillizza il bambino e lo rassicura.
2 – Cosa gli dico per prepararlo a questi incontri?
Non è sicuramente necessario allarmare i bambini, ma la cosa più sbagliata è raccontar loro delle bugie.
Naturalmente è importante il modo nel quale viene spiegato loro e quali parole vengono usate: dire “ti porto dal dottore” è diverso che dire “andiamo a conoscere una persona che può aiutarti a dire bene le parole”.
Spesso capita che i genitori, per rendere più facile l’accettazione della scelta, dicano: “Dai che andiamo a conoscere un’amica di mamma / Starai da una tata per fare tanti giochi / Andiamo da una signora che vuole giocare un po’ con te / …”
Ma quando il bambino si rende conto che non era vero, queste frasi potrebbero fargli perdere fiducia nei confronti della terapista e del genitore.
Ai bambini piccoli che devono sviluppare o migliorare il loro linguaggio si può dire:
“Mamma e papà si sono accorti che a volte alcune paroline fanno fatica ad uscire, che sono un po’ difficili, ma abbiamo trovato una dottoressa delle parole che può aiutarci con queste paroline dispettose!”
Ai bambini più grandi con una difficoltà dell’apprendimento o altre difficoltà che compromettono le abilità di base scolastiche, si può dire:
“Stai tranquillo, mamma e papà hanno capito che leggere, scrivere (o altro) è ancora un po’ difficile; che non sei pigro o distratto, che vorresti fare meno errori o essere più veloce ma che purtroppo fai tanta fatica! Sai, c’è una dottoressa che lavora proprio con i bimbi che hanno questa difficoltà, che può aiutarti a far diventare molto più facili i compiti! Vogliamo andarci insieme?”
I bambini non sono ingenui e capiscono benissimo che le attività, seppur proposte in forma di gioco, vanno a stimolare proprio i loro punti deboli.
Rendersi conto che i propri genitori hanno raccontato loro una bugia, rischia di aumentare l’ansia (“se mamma e papà non me ne parlano allora è una cosa davvero grave”) e di renderli non sereni durante la terapia stessa.
3 – In cosa consiste la valutazione logopedica?
La valutazione è una fase preliminare e necessaria al trattamento vero e proprio, che permette di capire quali sono le aree di debolezza del bambino e se e come sia necessario intervenire.
La valutazione prevede un colloquio iniziale con i genitori (è importante esserci entrambi) necessario per conoscersi, raccogliere le informazioni, le percezioni e i pensieri sia dei genitori che dei bambini.
Successivamente la valutazione prevede:
- una componente qualitativa, durante la quale si osserva come il bambino si pone, il suo comportamento in varie circostanze, come affronta le attività, come gioca e si relaziona in modo spontaneo;
- una componente quantitativa, che consiste nella somministrazione di test standardizzati che, in base ai punteggi ottenuti, permettono di capire se le competenze del bambino sono in norma o quanto, invece, si discostano da quelle dei suoi coetanei.
Solo successivamente si definisce la necessità o meno di iniziare un percorso di terapia, gli obiettivi, la frequenza e la durata minima del ciclo di trattamento.
4 – Cosa fa il bambino durante una seduta di logopedia?
Una volta definiti e concordati gli obiettivi, durante le sedute di terapia saranno proposte delle attività finalizzate al loro raggiungimento.
È difficile rispondere in modo univoco a questa domanda, poiché il “cosa” dipende proprio da quali competenze sia necessario stimolare.
In generale, durante la seduta, si propongono al bambino esercizi mirati in forma di gioco!
I bambini devono avere chiaro l’esercizio che stanno svolgendo e sul quale devono concentrarsi molto.
Terminato l’esercizio si gioca come concordato all’inizio della seduta.
Ogni seduta può durare da 30 a 60 minuti a seconda del tipo di difficoltà e di attività da svolgere.
5 – Ma cosa succede se il mio bambino non collabora?
Può capitare che i bambini non accettino sempre di buon grado le attività di terapia. Ci sono alcuni bambini che tollerano ancora poco la frustrazione di non riuscire, per questo tendono a tirarsi indietro ed evitare di fare una determinata cosa.
In terapia si utilizza il rinforzo positivo, che non viene identificato con un regalo o un oggetto, bensì con il riconoscimento del suo impegno e dei risultati raggiunti. Il rinforzo positivo è fondamentale per incentivare il proseguo dell’impegno.
Oltre a questo, però, è importante Aiutare il bambino ad identificare il proprio stato d’animo.
“Guarda, lo capisco proprio che ti senti un po’ scocciato. Hai ragione, questo esercizio è un po’ noioso (o difficile). Sai, anche io mi arrabbio quando non riesco, anche io a volte mi annoio a fare questa cosa…Ora dobbiamo proprio farlo, ma capisco che non ti vada per niente. Facciamo così, ne facciamo solo 10 e poi scegli un gioco tu!”
6 – Quanto durerà la terapia? Per quanto tempo dovremo venire?
Anche questa è una domanda a cui non si può dare una risposta unica.
Ciò che bisogna tener presente è che esistono due macro aree di intervento di cui i bambini possono aver bisogno, che determinano a livello generale la durata del trattamento.
I bambini che presentano difficoltà più meccaniche (come può essere una deglutizione funzionale o un “difetto di pronuncia” su base articolatoria) possono anche risolvere con un numero ridotto di incontri.
Quando, però, i bambini iniziano un percorso riabilitativo per un Disturbo di Linguaggio o di Apprendimento, Disfluenza, Difficoltà di attenzione o Disfonia generalmente le tempistiche sono più lunghe perché si deve intervenire su quelli che sono i processi cognitivi di queste funzioni.
In questi casi, generalmente, si procede per cicli di terapia della durata di almeno 6 mesi, termine minimo per valutare nuovamente il bimbo, quantificare il miglioramento e definire se ci sia necessità o meno di proseguire.
7 – Si dovrà esercitare anche a casa?
Non necessariamente e non sempre. Anche nel caso di questa domanda, la risposta dipende molto dal tipo di terapia, dai ritmi e dalle routine familiari quotidiane, da quanto il bambino si predispone serenamente nel fare determinate attività anche con mamma e papà.
Generalmente è una buona pratica dare indicazioni su attività da fare a casa come supporto alla terapia, che periodicamente variano in base a ciò su cui il bambino deve allenarsi.
Tuttavia è sempre importante considerare ogni bambino nella sua individualità: a volte, ad esempio, nel contesto familiare possono scattare dei meccanismi emotivi che portano grandi e piccini a provare frustrazione o ansia da prestazione. In questi sarà lo specialista a ponderare con attenzione cosa, come e quando far fare a casa.
8 – Cosa possiamo fare noi per aiutarlo?
Mamma e papà rappresentano un preziosissimo aiuto per il loro piccolo, a supporto della terapia.
In alcuni casi, soprattutto con i bimbi più piccoli, attraverso i genitori, i nonni, gli educatori, si attua un vero e proprio trattamento indiretto che supporta la terapia stessa.
In tutte le altre situazioni è importante diminuire il carico di ansia e di richiesta a cui spesso sono sottoposti i bimbi e comprendere insieme il modo corretto di stimolarli.
Quando un bambino si trova in difficoltà nel fare qualcosa, gli adulti vicini possono avere due reazioni opposte: la tendenza a sostituirsi a lui (ti aiuto facendo io al posto tuo) o il desiderio di spronarlo a riuscire a tutti i costi (Su, forza! Dai che ci riesci. Riproviamo, riproviamo, dai, possibile che non ce la fai?).
Durante il percorso riabilitativo, il logopedista prende carico non solo il bambino, ma il nucleo familiare, spiegando ai genitori come stimolarlo nel modo più corretto e funzionale, e dando loro gli strumenti per adottare uno stile di interazione più sano e sereno.
Successivamente, prende contatto anche con gli educatori o gli insegnanti di riferimento, per concordare una linea comune e monitorare i progressi in tutti gli ambienti significativi dei bambini.
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